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"Il Dialetto Franco-Provenzale della Valle Soana"

di Lotte Zörner

COLLANA ORCO TOPONOMASTICA E LINGUISTICA

n°1/2005

 Lo studio delle varietà dialettali come quello delle lingue più antiche è stato paragonato da parecchi studiosi ad uno scavo archeologico dove, anziché livelli successivi di terreno da scavare sempre più in profondità verso le epoche più remote, si analizzano invece i vocaboli, la costruzio­ne delle frasi, le diverse accentazioni, alla ricerca delle espressioni e delle radici più antiche in grado di svelare l'identità e la provenienza delle primitive popolazioni.

A differenza però dell'archeologia dove il suolo, se non sconvolto da scavi precedenti, mantiene pressoché intatte le sue potenzialità di ricerca lo studio della linguistica è invece compromesso dal passare del tem­po. per la progressiva, inesorabile scomparsa della popolazione locale più anziana, ultima depositaria di quel parlare dialettale che conserva quelle forme e costruzioni che testimoniano le evoluzioni anteriori.

Per le Valli Orco e Soana e l'Alto Canavese anche la documentazione precedente si presenta estremamente scarsa: completamente assenti le pubblicazioni sui parlari di Noasca e di Ceresole, per il dialetto di Ronco ancor oggi rimane fondamentale il testo di Costantino Nigra che risale al 1878.

Per questi motivi le ricerche della professoressa Lotte Zòrner, glottologa dell'Università di Innsbruk, si presentano fondamentali per l'accuratez­za e competenza della studiosa e per i risultati ottenuti: solo una studio­sa proveniente da un'altra area linguistica poteva affrontare un lavoro così complesso e specialistico, ponendosi in una visione prospettica più ampia rispetto ad uno studioso locale, che le ha consentito un confronto più rigoroso con le altre realtà linguistiche e con i dialetti delle valli adiacenti.

Tentare di "salvare", almeno in parte e per quanto ancor oggi possibile, il dialetto originale delle nostre Valli con le sue espressioni caratteristi­clic, è parsa opera meritevole di attenzione da pane del CORSAC, for­nendo supporto logistico alla studiosa e pubblicandone le ricerche.

Ci rendiamo conto che non si tratta di libri di facile lettura, almeno per i non specialisti in materia, però l'importanza di questi studi giustifica pienamente l'impegno della pubblicazione e la divulgazione più ampia possibile.

Vede così la luce questo terzo volume, conclusivo della collana dopo quello dedicato ai dialetti di Cuorgné e Forno e quello sull'Alta Valle dell'Orco: Noasca e Ceresole.

E' qui analizzato il dialetto della Valle Soana, che ha conservato nel suo isolamento anche linguistico dei caratteri arcaici, del tutto originali.

Una valle particolare, lontana dalle importanti vie di transito e priva di grandi risorse, dove per sopravvivere si è dovuto cercare sbocchi nei mestieri ambulanti con emigrazioni stagionali anche su notevoli distan­ze. Emigrazione che ha visto nella Francia e Parigi in particolare una delle direzioni preferenziali, con il francese che si può considerare la seconda lingua, strettamente legato all' originale dialetto franco-provenzale.

Già il Nigra annotava che "il dialetto valsoanino forma uno dei distinti anelli della catena che da un lato annoda i dialetti italici subalpini ai francesi e ai provenzali, e dall'altro ai ladini della sezione d'occidente". Inoltre l'emigrazione all'estero (e per un valsoanino l'estero inizia già dalla discesa dopo Ingria, all'uscita dalla valle) è all'origine dell'elabo­razione del tutto caratteristica di un gergo riservato ai calderai e vetrai ambulanti, con parole volutamente inintelligibili agli estranei, mezzo di identificazione e riconoscimento reciproco in opposizione alla popola­zione circostante.

Va dato merito all'autrice l'aver dedicato tanto tempo ed attenzione allo studio delle nostre vallate, che sono sempre state in una situazione abba­stanza svantaggiata rispetto alle vicine valli delle due Dore.

Ci auguriamo di avere con la pubblicazione di queste ricerche, che rap­presentano un punto fisso di notevole importanza, contribuito alla sal­vaguardia della lingua originale delle nostre vallate, permettendo agli studiosi di approfondire altri singoli aspetti e poter disporre anche dello strumento linguistico per meglio valutare il nostro passato.

Cuorgné, 10 ottobre 2004.

Giovanni Bertotti

 

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