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Dalla pubblicazione CORSAC per l'anno 2000
CUORGNE'
Nascita e sviluppo di un borgo mercantile
Secoli XI-XVIII
Di Sabrina Beltramo e Silvia Gianada.
Attorno allantico castello
Il secolo XI
E importante notare che fino a quando nei documenti medioevali appaiono riferimenti alla Curtis Canava, ossia fino alla prima metà del secolo XI, non è mai attestata la presenza, nella regione, di una località il cui nome si possa collegare in qualche modo con Cuorgnè.
Solo dopo la scomparsa del luogo di Canava, avvenuta secondo
l'opinione degli storici locali Pagliotti32, Bertolotti33) in
seguito a grandi straripamenti del torrente Orco fra il 1028 - 1030, ma in realtà mai
provata, i documenti cominciano a riferire il nome di Corgnato34.
Dall'evoluzione del latifondo
curtense e dallo sfaldamento dell'autorità del sistema giudiziario
romano presero forma, in questi tempi più duri e pericolosi, le prime signorie rurali. Vi
è tendenza nella storiografia recente ad "individuare la vera caratteristica della
società medievale nei poteri signorili, formatisi più o meno spontaneamente dal basso e
non delegati feudalmente dall'alto"36. Vediamo in breve la dinamica della
formazione di queste signorie sul nostro territorio:
"I piccoli proprietari
(giuridicamente liberi, detti "allodieri" dai termine germanico al lod, che
nei documenti del tempo indicava la piena proprietà), ancora molto numerosi nell'alto
medioevo, si sentivano in costante pericolo: crebbe in loro l'interesse di appoggiarsi ai
grandi possessori che avevano milizie private in grado di garantire un minimo di difesa,
avevano attrezzato con fortificazioni le loro aziende agricole, e potevano mettere a
disposizione grandi ricoveri e magazzini per uomini, animali e prodotti nelle fasi di
pericolo. Molti piccoli allodieri fecero la scelta di rinunciare alla piena proprietà in
cambio della garanzia di rimanere come affittuari sulle proprie terre, e in cambio della
possibilità di ricevere la protezione di un grande signore e di usufruire delle
fortificazioni e delle altre strutture difensive della grande curtis. Si
accomandarono" al latifondista, si affidarono a lui. Questi
commendati" donavano la loro proprietà al latifondista mantenendone il
"dominio utile" (cioè il diritto d'uso): diventavano cioè censuari del grande
possessore; le loro terre entravano a far parte di un complesso curtense; in particolare
contribuivano - rimanendo affidate a loro come coloni - ad accrescere il massaricum".37
(32)
Vuole la tradizione che intorno all'anno 1030 e certamente non prima del 1028,
l'Orco tra le cui acque si trovavano abbondanti sabbie aurifere, abbia in una sua piena
indomita e furentissima distrutti tutti quanti gli edifizi metallieri tra Rorè e Corte Canava, seppellendo la
massima parte di quest'ultima nelle sue rovine. Si lasciò cc>sì campo ai superstiti e
ai nuovi sopra 'unti dal Milanese, pratici di
metallurgia , di rifabbricare il borgo al lato destro
e fiume. (...) Vogliono gli eruditi, cliC allora sia scomparso il nome della
vetusta Canava (...) quinè più non rimase che il nome del borgo, rifabbricato un po'
più lungi e alla destra del fiume. (...) C. PAGLIOTTI, pp. 78-79.
33 (...) L'Orco con le sue furentissime piene, può
avere serpeggiato fra le
34 Un documento del 1061 avrebbe per Cuorgnè un
discreto valore se lo si potesse paragonare con qualche documento di confronto. Fu usato
contro i Conti di Valperga tutte le volte che essi tentarono di portare il loro tribunale
da Cuorgnè a Valperga, il comune cuorgnatese esibì questa carta, ed essi ne dovettero
riconoscer la validità, benché fosse stata da loro manipolata. "(..,) Anno Domini
MLXIII die VIII in Burgo Corgnati, in loco ubi ius redditur, praesente toto populo
(... Mario Bertotti, pp. 48-49).
35 M. BERTOTTI, op. cit., p. 46.
36 G. SERGI op. cit., p. 31.
37 G. SERGI, op. cit., pp. 48-49.
Questa forma di "accomandazione", di aggregazione e di assoggettamento al signore, si effettua, secondo noi, non solo nei confronti degli eredi del latifondo curtense, ma anche verso i signori, più o meno potenti, che con l'acquisto o la costruzione di un castello, di una casa forte, l'accrescimento di terre o di ricchezza, riescono ad acquistare importanza e a divenire polo di attrazione per le classi inferiori.
Vengono espressi un po' alla volta dalla popolazione quelli che già Mario Bertotti aveva chiamato i "signori primitivi" del territorio:
Silveschi Droy o Droenghi Cortina, Manera Descalzi... Assistiamo ad
una pluralizzazione di poteri tipicamente medievale, alla:
"costruzione dal basso di forme di potere locale:
le signorie rurali. Queste non erano feudi delegati dell'alto ma neppure territori
corrispondenti alla topografia del latifondo: erano invece ambiti di potere imperniati,
si, su nuclei fondiari, ma "tertitorializzati", più compatti e in grado di
esercitare egemonia anche sulla piccola proprietà, che sopravviveva ."
Fra i vari castelli e case forti che costellavano il territorio, Ardiciono, Salto, Valperga, quello che dall'alto della ripa controllava il ponte sull'Orco attirò naturalmente i superstiti della distrutta Canava. La via che dalla pianura portava al ponte e alle valli passava ai piedi di questo castello, e spontaneamente, in quest'area protetta, si concentrò il mercato, vi prese sede il tribunale, la piccola comunità gestì la manutenzione del ponte. Attorno a quel punto d'incrocio fra l'itinerario che giungeva dall'Agro Taurinense, la via di Ivrea e del Milanese e la strada romana che portava alle valli e Oltralpe, si cristallizzò a poco a poco il borgo commerciale.
Per questo periodo storico si deve anche accennare a quanto è stato scritto della contessa Adelaide, in quanto la zona cuorgnatese era feudo della marca di Torino.
A questo proposito il Pagliotti dice che:
Adelaide era detta comunemente la contessa, ma anche la marchesana delle Alpi Cozie, od anche, in ricordo del primo matrimonio, la duchessa. Viveva di solito a Torino nel palazzo di Porta Susina od a Susa nel castello della Porta di Francia, ma la troviamo anche in varie località del suo grande Stato a Pinerolo, a Rivalta, ad Almese, ad Asti ecc. secondo le esigenze del governo. ( ) I suoi sentimenti religiosi spiegano la considerevole serie di fondazioni monastiche, di donazioni a chiese ed a monasteri. Ma questa attività poteva anche valere come affermazione di potenza, di dominazione marchionale sulla chiesa e sulla popolazione. F. COGNASSO, Stona di Torino, Milano 1961, p. 78. Niente di più facile che abbia pregato davanti alla venerata immagine delle Vergine della Rivassola, abbiamo però i nostri dubbi sulla cerchia di mura e sulle cinque porte turrite a quellepoca.
Fondazione
e lottizzazione del Borgo
Canava viene dunque nominata nei documenti fin verso il 1030, oltre questa data abbiamo una totale mancanza di notizie a cui gli storici ancora non hanno potuto dare risposta. La storia di questo lontano periodo è infatti costituita per ora soltanto da congetture. A nostro avviso solo un'indagine archeologica o la nuova scienza della lettura dei segni sul territorio potrebbero fornire una valida spiegazione a questo interrogativo. Capire infatti i reali motivi della scomparsa di un centro abitato, che gli storici dicono fiorente e ricco di attività, chiarirebbe di conseguenza gli interrogativi sullo sviluppo di un altro centro altrettanto florido, situato a breve distanza, destinato a divenire col tempo sede di importanti scambi commerciali: il Borgo di Cuorgnè.
Non abbiamo documenti sulle origini di questo secondo centro invano ricercati dagli storici. Noi stesse, con accanimento, abbiamo cercato negli archivi un atto di fondazione che non siamo riuscite a trovare. Può darsi che in qualche fondo ancora inesplorato esista, certo è stato stilato un contratto che diede l'avvio all'impianto urbanistico dai chiari segni di Borgo di nuova fondazione.
Il fatto che non ci sia rimasta traccia documentata di tale avvenimento trova, secondo noi, ragione negli eventi che seguirono. Il territorio di Cuorgnè cadde, in periodo che non possiamo precisare per mancanza di documenti, ma ipotizzabile attorno alla metà del secolo XIII, in mano alla potente famiglia dei Valperga, i cui capostipiti, provenienti dal Piemonte Orientale, erano stati investiti da un imperatore del feudo del Canavese, comites de Canavise. Costoro, intrapresero una lenta, capillare opera di penetrazione che li portò a possedere l'intera regione. Tutti i signori precedenti furono sopraffatti e tutti i documenti relativi alle loro famiglie scomparvero, e con questi scomparvero tutte le notizie riguardanti il territorio e le comunità. L'atto di fondazione del Borgo di Cuorgnè, non potendo essere ascritto a loro merito, ebbe, a nostro avviso, questa malaugurata sorte.
Troviamo conferma a questa nostra ipotesi nei documenti dell'Archivio Storico del Comune di Cuorgnè in cui spesso si fa menzione a normative, o diritti che restavano validi perché di antica tradizione, ma non troviamo specificazione alcuna su chi in verità li abbia emanati, su chi concesse tali diritti, insomma su chi aveva amministrato il Borgo prima della venuta dei Valperga.
Quale legame è dunque da ricercare fra l'antica Canava e il Borgo di Cuorgnè?
A questa domanda gli storici46 hanno dato risposte diverse e contraddittorie: c'è chi ha voluto vedere in Cuorgnè l'antica Canava e con elaborate argomentazioni etimologiche ha cercato di dimostrarlo, e c'è chi invece non ha voluto credere in nessuna relazione fra i due centri descrivendoli dunque come due abitati ben distinti fra loro.
Non soddisfatte delle sommarie descrizioni dateci dagli storici, a tal proposito, ne abbiamo ricercata una nuova, basandoci sulle più recenti teorie seguite in una serie di saggi pubblicati sul Bollettino Storico Bibliografico Subalpino, e soprattutto sulla lettura dei catasti credendo fortemente che chiarire l'origine delle cose aiuta a comprenderne il significato. Così capire l'origine del Borgo può spiegare il perché della sua struttura, dell'orientamento e della posizione del tessuto edilizio, il tracciato delle strade, l'ubicazione degli edifici più importanti.
Accettiamo come punto di partenza, per la formulazione della
nostra ipotesi, la distruzione di Canava che secondo il Bertolotti sarebbe da
attribuire all'inondazione dell'Orco al principio del secolo XI47 Avvaloriamo
quest'ipotesi sostenuta anche dai ritrovamenti archeologici, compiuti da Cima, che
testimoniano la presenza di un grande centro abitato presso Valperga sicuramente distrutto
dalla violenta piena di un torrente48. Si tratterebbe secondo noi dell'antica Canava.
Abbiamo trovato conferma alle nostre ipotesi in un recente lavoro pubblicato da M.G. Rovano49 sui villaggi abbandonati del Canavese. La studiosa ha per comodità di trattazione suddiviso il territorio interessato dall'analisi in quattro zone (A,B,C,D), queste suddivisioni sono suggerite da fattori storici e geografici50.
L'abitato di Canava rientrerebbe nella zona B, comprendente la fascia collinare, la pianura intramorenica e la Valle dell'Orco, caratterizzata da un punto di vista storico dal potere dei conti del Canavese.
La ricerca della Rovano ha permesso di individuare in Canavese un totale di 91 località che risultano definitivamente abbandonate fra il secolo XI e il secolo XVI.
46 A. Bertolotti e C. Pagliotti.
47A.BERTOLOTTI, op. cit., p. 281.
48 M. CIMA, Il territorio 1: a nord delle Vaude, in
G. CRESCI MARRONE E. CULASSO GASTALDI, Torino romana tra Orco e Stura, Padova
1987,p. 114-115.
49 M.G. ROVANO, Villaggi abbandonati nel Canavese, in BSBS n.
LXXXI, 1983.
50 (
) Le suddivisioni operate sono suggerite da fattori a un tempo
storici e geografici nella zona A rientra l'area nella quale più marcatamente si
estrinsecò, in età medioevale, il dominio diretto del vescovo e del comune di Ivrea; la
zona comprendente la fascia collinare, la pianura intramorenica e la valle dell'Orco, fu
caratterizzata, da un punto di vista storico, dal potere dei conti del Canavese ; la zona
C, che include la riviera lacuale di Viverone e l'oltre Dora, rappresenta l'area che fu
direttamente interessata dall'espansione vercellese entro il territorio della diocesi di
Ivrea la zona D infine, racchiudente la pianura extramorenica fra Dora e Malone, è
caratterizzata dal fatto di essere stata, quasi per intero, compresa fra i possessi
dell'abbazia di Fruttuaria. Il lavoro è stato condotto attraverso lo spoglio sistematico
delle fonti edite, facendo costante riferimento alle tavolette al 25000 dell'Istituto
Geografico Militare; i risultati conclusivi sono stati quindi riassunti su una carta al
scala 1:100000 (,..) La ricerca ha preso mosse dall'elenco delle chiese eporediesi stilato
a scopo di decime per gli anni 1368-1370, il quale ha così fornito un primo quadro della
rete degli insediamenti allora esistenti. Lo studio di questo tipo di documenti si
dimostra particolarmente utile perché, in linea di massima, si deve ritenere che ogni
chiesa sia stata al servizio di un insediamento umano (...). M.G. Rovano, Villaggi
abbandonati nel Canavese, in B.S.B.S. n. DCXXI, 1983, p. 294.
La Rovano fa notare che un discorso a parte meritano i 14 abbandoni collocati nel secolo XI, la documentazione che li riguarda è infatti molto ridotta e si limita in gran parte a diplomi regi ed imperiali. Fa ancora notare che i centri sono geograficamente raccolti nelle zone B e C e cioè lungo i corsi d'acqua dell'Orco, del Malone e del torrente Soana. Ciò fa supporre che in quel lontano secolo qualche cataclisma naturale dovette realmente interessare il Canavese, ed in particolare, i bacini idrografici dei suddetti torrenti. Piogge torrenziali avrebbero potuto ingrossare i loro letti, aumentare la portata d'acqua a tal punto da creare agli insediamenti che sorgevano vicino al loro corso, tra i quali sarebbe compresa Canava, dei danni veramente molto gravi.
Occorre considerare anche il fatto che quei villaggi, per grandi che fossero, spesso avevano case in legno e tetti in paglia: strutture precarie dunque, per le quali un'alluvione avrebbe decretato la totale rovina.
Ora, accettata quest'ipotesi di abbandono dovuta a cause naturali, occorre fare una constatazione : questo straripamento distrusse sì le abitazioni ma sicuramente non causò, o almeno non del tutto, la morte dei suoi abitanti che ovviamente migrarono altrove. Era quella un'epoca, soprattutto per l'Italia del nord, in cui non era facile vivere al sicuro dalle scorrerie dei Saraceni e degli Ungari, e sicuramente anche questo fattore fu determinante per la scelta de! luogo per il futuro insediamento. La popolazione si spostò perciò in un sito al riparo dalle inondazioni del vicino torrente Orco, e sicuramente difendibile da incursioni nemiche ; noi crediamo che i superstiti abitanti di Canava scelsero l'attuale territorio di Cuorgnè.
Questa ipotesi concilierebbe anche quelle storiche, Canava e Cuorgnè erano sì due centri diversi, ma ebbero vita in periodi storici diversi, la morte dell'uno decretò la nascita dell'altro; Canava non era Cuorgnè e viceversa, ma i primi abitanù di quest'ultima furono quelli di Canava, questo potrebbe aver comportato l'identificazione dei due centri in uno soltanto.
Nella zona scelta doveva esservi già un castello o meglio un castrum che dalla definizione di Isidoro di Siviglia appariva essere " altissimum, situm, quasi casam altam; cuius pluralis numerus castra, diminutivum castellum est (...)"52 (foto 1). A testimonianza di quella primitiva struttura difensiva rimane oggi la cosiddetta Torre Rotonda (foto 2) che alcuni autori dicono di fondazione romana.
Si trattò dunque di un caso di attrazione circa castrurn
spontanea molto ben descritta dalla Rovano
(...) l'attrazione - al contrario di quanto si constata normalmente per i borghi nuovi - non avverrebbe per imposizione dall'alto, bensì come scelta spontanea delle popolazioni che agiscono per la loro sicurezza; nessun documento ci attesta l'intervento esplicito di una pressione signorile (..). Il fenomeno è quasi esclusivamente localizzato nella zona B.
(Ci permettiamo di fare un appunto. La "rifondazione" di Canava viene collocata dalla Rovano nella seconda metà del secolo XIV ed è a nostro parere decisamente tarda. Forse chi ha condotto lo studio non aveva a disposizione tutti i dati riguardanti il Borgo di Cuorgnè: i primi documenti che riportano il toponimo Burgus Corgnati risalgono infatti all'anno 1061. La data di fondazione andrebbe pertanto fatta risalire alla seconda metà del secolo XI.)
Ora cosa appare chiaramente, come già stato detto, è la regolarità del tessuto edilizio del Borgo scandito da una successione di lotti di uguale dimensione disposti perpendicolarmente alla via maestra. Testimonianza che l'urbanistica era già allora "retta da chiari concetti generali e particolari"56. Afferma Cavallari Murat che "come l'architettura di una casa è lo specchio dell'arte e della tecnica dell'autore e nel contempo del costume del committente e abitatore così la città è una specie di autoritratto collegiale degli urbanisti e della collettività che l' hanno realizzata"57.
E' ormai rifiutata da tutti gli studiosi l'immagine del Medioevo come epoca di caotica aggregazione urbana, anzi essendo "le comunità fondatrici molto omogenee sotto l'aspetto etico e religioso, s'ebbero in quei tempi dei veri modelli di urbanistica veramente organica (...) urbanistica realizzata con un senso giuridico saggio dei rapporti tra la collettività e il singolo e tra privati e privati; e ciò anche se la materia giuridica avesse prevalente carattere di consuetudine non interamente consolidata, cioè non compiutamente travasata in testi scritti"58.
56 A. CAVALLARI MURAT, L'antì~ regolamentazione edilizia, in "Atti e rassegna tecnica della Società degli ingegneri e degli Architetti in Torino", anno 10, n. 1, Torino 1956
57-58 A. CAVALIARI MURAT, op. cit.) pp. 109 110.
Gli studi sulla tecnica di tracciamento59 dei Borghi nuovi sono d'altra pane giunti in questi anni ad alcuni importanti risultati circa le concezioni urbanistiche del Basso Medioevo e le tecniche agrimensorie impiegate per il tracciamento delle lottizzazioni, possiamo qui ricordare l'ultimo importante saggio sull'argomento:
Terre nuove, la creazione delle città fiorentine nel tardo Medioevo" a cura di D. Friedman.
Ecco il perché di questa lottizzazione: nel disegno dei progettisti nulla era lasciato al caso, tutto aveva una sua ragion d'essere: lo spazio di pertinenza dietro l'abitazione con orti e stalle, per il sostentamento della famiglia, la via pubblica, spesso munita di portici per il regolare svolgimento dell'attività commerciale, la piazza inanti la chiesa per le pubbliche assemblee.
I lotti avevano dimensioni normalizzate, una larghezza pari ad un modulo che, nel caso di Cuorgnè, era determinato da due o tre arcate di portico, e una profondità che varia dai 40 metri ai 50 metri.
Si trattava insomma di città nuove costruite secondo un piano prefissato che Heers definisce "paesaggi urbani costruiti". Ed è proprio nell'opera di questo autore che abbiamo ritrovato un insediamento che pare offrire interessanti analogie con quello di Cuorgnè, li mettiamo a confronto nella fig 2. Si tratta della città di Onley, in Inghilterra, la tipologia è quella della città strada, cioè la città "si sviluppa in lunghezza, secondo un parcellare geometrico, su entrambi i lati di una High Street"60; gli elementi comuni fra i due Borghi sono lo stretto e lungo percorso, sede di mercato, su cui si affacciano i lotti e la posizione della chiesa.
A nostro parere dopo la fase d'impianto il Borgo di Cuorgnè ebbe ancora, in tempi successivi, due ampliamenti. Traiamo questa
59 (...) le caratteristiche di ortogonalità, di centralità e di
simmetria (...) appartengono ad un mondo progettuale che nel tardo Medioevo era dominato
dalla geometria (...). Tutti i lotti hanno la stessa larghezza e sono diversi l'uno
dall'altro solo nella distanza dalla via dalla quale si estendono (.-.) Qualsiasi tentativo di comprendere i rapporti tra
le dimensioni in una pianta di città è ostacolato dall'approssimazione delle misure
(...) Nelle terre nuove nessuna dimensione singola può essere considerata esattamente
come quella intesa nel progetto; facendo la media di un certo numero di misurazioni si
possono ricavare delle cifre sulle quali e possibile lavorare (...). Se andiamo alla
ricerca di un sistema di proporzioni in grado di generare queste dimensioni, dobbiamo
constatare che i metodi geometrici, che sappiamo essere stati utilizzati dai costruttori
medievali (...) non offrono unì soluzione D. FIEDMAN, iene nuove Torino 1996, pp. 134-135.
60 . HEERS, op. cit. p. 132.
conclusione da indicazioni sporadiche rilevate da un'attenta lettura dei catasti antichi e delle strutture sopravvissute. Il primo centro sì stanziò intorno ad un castello, cioè un recinto fortificato, probabilmente di proprietà della famiglia dei Silvesco, dì cui ora rimane la Torre Rotonda. L'ampliamento successivo, al quale potrebbe corrispondere la vera e propria "fondazione" del borgo commerciale (e che avvenne in epoca ben posteriore alla scomparsa di Curtis Canava), suddivise in sedimi regolari il terreno attorno alla Torre Rotonda, diede ampio spazio al mercato fornendo di una larga sede la via commerciale che attraversa l'abitato (anche quando sarà ristretta per la costruzione dei portici da ambo i lati, continuerà ad essere chiamata "platea Burgi), dotò il nuovo insediamento di una cinta di mura. Sul lato verso il torrente Orco lo stesso dislivello del terreno costituiva di per sé una protezione che fu integrata con opere in muratura o palizzate in legno; il lato verso la Villa e il tratto che dall'attuale Piazza Boetto conduce alla Via delle Fontane doveva essere invece circondato da un fossato, tratti del quale sono stati ritrovati durante lo scavo per l'acquedotto61. Jl secondo ampliamento, invece, si sarebbe sviluppato lungo la Via Arduino, come continuazione del precedente, dettato dalla necessità di nuovi spazi per il fiorente commercio che caratterizzò sin dall'origine il Borgo.
Testimonianza di questo processo evolutivo è la diversa parcellizzazione del
tessuto edilizio, molto più fitta e minuta intorno alla Torre Rotonda e molto più chiara
e leggibile nel secondo ampliamento. Quasi a dimostrare che in un periodo storico,
difficile da precisare, ma ipotizzabile intorno al secolo XIII, il primo insediamento si
presentò congestionato dai crescenti traffici mercantili e da un sensibile aumento della
popolazione, che comportò la necessità di una nuova assegnazione di sedimi lungo la via,
al di fuori della primitiva cinta muraria. (fig. 3)
È anche prova dello stacco fra questi due ampliamenti successivi la diversa inclinazione dell'attuale via Arduino. Nella parte più antica la sede della via, pur in pendenza verso piazza d'Armi, non e eccessivamente inclinata, attraversando un insediamento relativamente piano sulla sommità dì un colle. Nella parte nuova, che venne aggiunta demolendo un probabile bastione ed una prima cinta di mura, la via, nel seguire questa pendenza del terreno in parte artificiale in parte dovuta alla naturale conformazione del sito, diventa decisamente più ripida.
61 M. BERTOTTI, op. cit., p. 588.
Dalla lettura dei primi catasti del 1371 abbiamo dedotto che il lotto, che veniva affidato ad ogni abitante, corrispondeva ad un sedime, e cioè ad un terreno edificabile la cui dimensione in taluni casi è ancora leggibile in pianta e si aggira intorno ai 10 m. di larghezza per 40 m. di lunghezza. (fig. 4)
Appare quindi realistica l'ipotesi di un iniziativa della popolazione, sotto la spinta della crescita demografica e della crescente importanza commerciale del borgo, iniziativa catalizzata e guidata dai signori locali.
Troviamo suggestivo l'esempio di una realizzazione del genere citato dal Cognasso per la fortificazione di Vigevano nel 1198. La città di Pavia riconosce Vigevano come "burgus" dopo che gli abitanti hanno, di loro iniziativa e a loro spese, costruito delle torri, scavato il fossato e fatte le mura. Aggiunge il Cognasso:
I vicini burgenses formavano una collettività
privilegiata, chiusa
... La villa, il locus non hanno mura, per lo
più palizzate. Dichiarato borgo, sì costruivano le mura, che rappresentavano il jus
burgensis concesso ... I diritti burgensi non possono essere goduti dai semplici
abitatorì; il burgensis non perde mal i suoi diritti per quanto si assenti anche a
lungo: avrà sempre al ritorno la sua 'partem de cimiterio, puteo et vigano", cioè
di godimento dei possessi comuni, dell'uso del pozzo vicinale e la sepoltura all'ombra
della croce della pieve.62
Qui da noi si tratta non solo di un lavoro di fortificazione, ma di una rifondazione vera e propria del paese, con suddivisione in sedimi dello spazio entro le mura, lungo la via porticata.
Troviamo altri esempi di operazioni analoghe in Piemonte, a partire dal 1100:
- nella costruzione del borgo nuovo di Piazza, a Biella, promossa nel 1160 dal vescovo Uguccione, con concessione di franchigie agli uomini liberi che vi venivano ad abitare;63
- nella ricostruzione del villaggio di Ronsecco, nella pianura verso Vercelli, fatta eseguire dallo stesso vescovo nel 1151 ;64
- nella ricostruzione del borgo nuovo di Caresana, nel 1137, per opera dei canonici della cattedrale di Vercelli, che assegnarono ai rustici dei sedimi all'interno della cerchia muraria e concessero delle franchigie.65
62 F. COGNASSO, Il Piemonte nell'età sveva, Torino
1968, p.413.
63 A. SETTIA, Fortificazioni collettive nei villaggi
medievali dellAlta Italia: ricetti, villeforti, recinti, in BSBS, n. LXXIV, Torino
1976, p. 69 - F. PANERO, Villenove e villefranche in Piemonte: la condizione giuridica e
socio-economica degli abitanti, in "Borghi Nuovi", Cuneo 1993, p.197.
64 Ibidem.
65 Ibidem, p. 199.
Il professor Settia cita la villanova di Alpignano fondata
dal vescovo di Torino nel 117066, e la villafranca voluta da Amedeo III di
Savoia nel 1139 presso Avigliana in Vai di Susa:
(
)con l'intento di aprire nuovi mercati in zone di
traffico internazion~e in espansione; se gli intendimenti economicocommerciali sono qui
senza dubbio in primo piano, la concessione di un nuovo mercato è d'altronde ricorrente,
in modo accessorio, in molte altre analoghe iniziative.67
Questi episodi, che si andranno moltiplicando alla fine del
1100 e nei secoli successivi, ci mostrano che in tale epoca si diffonde in Piemonte (come
nel resto dell'Italia Padana) una vera e propria arte del riassetto degli abitati, con magistrì
e mensuratores, tecnici e regole da seguire. Il fatto avveniva per lo più per
attrarre uomini in un ambito di potere e sottrarli ai signori rivali. Ci troviamo di
fronte a "modelli di costruzione del territorio" che vengono sovente utilizzati,
dai signori e dai comuni dominanti, per assicurarsi il controllo politico della
regione.
Concludiamo questa trattazione con un pensiero di Heers sui
borghi nuovi, che ben illustra la sorte che forse toccò a Cuorgnè:
(...) dapprima accampamenti fortificati (...) su promontori
si sono poi fittamente popolati diventando degli agglomerati urbani : risultato di una
posizione favorevole sulla rete dei traffici e al tempo stesso dell'intervento regio, che
accordava un diritto di mercato integrato da privilegi diversi (...). In molti casi questi
burghs raccolti attorno ad un castello furono destinati a più ampi sviluppi
creazioni o improvvise ricomparse di città.68
66 A. SETTIA, Le pedine e la scacchiera: iniziative di
popolamento nel secolo XII, in "I Borghi Nuovi", Cuneo 1993, p. 70.
67
Ibidem, p.68.
68
J. HELRS, op. cit, pp. 40-42.