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UN PAESE CANAVESANO IN UN DISEGNO MILLENARIO
Giuseppe Berta (1995)
Il territorio di Favria è ancora oggi solcato dalla centuriazione tracciata dai gromatici romani e ascrivibile alla pertica di Augusta Taurinorun (Torino ). Essa è il perfetto disegno, fatto di linee costituite da fossi strade e filari di alberi, di una enorme grata geometrica, a maglie quadrate di circa settecento metri di lato, che ricopre senza soluzione di continuità decine di chilometri quadrati. E' la fedele testimonianza della trascorsa esistenza di una popolazione agricola soggetta alla dominazione di Roma.
Schema della centuriazione nel territorio di Favria e di Oglianico con
indicati alcuni antichi toponimi e la localizzazione delle chiese primitive .
(S.A.S.A.C. 20- a.1994 -Luoghi e fatti connessi alle primitive chiese di
Favria -G. Berta)
Questa terra era probabilmente uno dei luoghi in cui si producevano le derrate destinate all'alimentazione sia dei residenti, sia al vettovagliamento delle legioni di stanza a Torino e ad. Eporedia (Ivrea), sia di quelle in transito verso e da Augusta Praetoria (Aosta) e la Gallia Transalpina. Testimoni del periodo stesso sono due lapidi tombali rinvenute nell'abitato di Favria che si vuole risalgano addirittura alla primitive fasi di romanizzazione del territorio
Stele sepolcrale rinvenuta a Favria
nella casa dei Biesta nel sec. XIX ora murata nella sede vescovile di Ivrea.
( PEDANIA QUARTA FIGLIA DI BITONIO VISSE 71 ANNI )
Traccia evidente di un "Cardo", che costituiva un limite o linea della centuriazione con direzione Nord-Sud, è ancora oggi il sentiero che da Rivarotta giunge a Salassa diventa strada che passa per Oglianico, poi via San Rocco di Favria, via Levata, via Schene (Attualmente è solamente più ricordato dal toponimo) Siena o Siene, "cassina dle Siene", "la Siena" ), e nuovamente quale sentiero, arriva a Strelle (Strele) nella zona di Grange di Front.
Fu infatti il
Serra che riconobbe nella via Schene un indizio di un indeterminato tratto di strada romana. Infatti scrisse: - Una traccia notevole di strada romana sul territorio di Favria, ... si è il nome di VIA SCHENE "via della schiena", cioè "Via a schiena d'asino", "a fondo convesso", ricordato in un catasto locale del secolo XVIRecenti studi su indizi fondati (Per pagos vicosque- a cura di G. Cresci Marrone - E. Culasso Gastaldi ), dicono che questa strada fu un tratto dellimportante arteria che collegò in epoca romana Augusta Taurinorum (Torino) con Eporedia (Ivrea); che fu anche percorsa per raggiungere San Ponso, luogo di nobili residenze e centro di potere, o Canava, centro agricolo che sorse in un luogo per ora indeterminato ma compreso nel territorio delle attuali Valperga Salassa. Poi nellAlto Medio Evo, per essa transitarono le derrate alimentari, campestri, dei magazzini di Salassa, che sorse in contrapposizione o in sostituzione della rurale Canava (Serra). Sempre secondo il Serra, quanto detto, sarebbe confermato dallo stesso nome "Salassa" avente il significato di "grande sala, horreum, magazzino di raccolta dei prodotti campestri... dovendosi escludere qualsiasi traccia del nome dei Salassi".
Stele sepolcrale rinvenuta a Favria verso la metà del sec. XX .
Se questa strada fu così importante come via di transito per tutta la zona, per Favria ebbe rilevanza doppia, specialmente dal tardo Medio Evo e successivamente per alcuni secoli, poiché segnò nell'ambito del suo territorio, il confine fra la diocesi di Ivrea ad occidente di essa, e la diocesi di Torino. Infatti una parte di Favria, ad oriente di detta via, la Villa o villaggio rurale, (ricordata dal toponimo "Vila Veja ") la cui parrocchia era San Pietro de Peza, San Pèro Vej, chiesa del cimitero, si trovava sotto la giurisdizione diocesana eporediese, mentre la rimanente parte, appartenente alla diocesi di Torino, comprendeva il castello o castrum, la parrocchia di San Michele "in castro", col borgo fortificato ed il ricetto.
L'antica parrocchia di San Pietro fu poi trasferita in una chiesa che sorgeva in luogo dell'attuale. Accanto ad essa si costruì un'alta torre campanaria (1688-1717): l'odierno campanile. In seguito si intraprese la costruzione della chiesa parrocchiale ora consacrata ai santi Pietro Paolo e Michele che durò ben 39 anni (1773-1812 e consacrata 28 agosto 1814). Poi tutto il territorio favriese passò sotto la giurisdizione della diocesi di Torino ed il confine perse il significato.
Torniamo indietro nel tempo, alla centuriazione ove gli assi aventi direzione EST-OVEST erano denominati decumani. Un decumano era costituito dalla "Via Ripporolli", la via di Rivarolo che viaggiava probabilmente alcune decine di metri più a nord dell'attuale. La sua vetustà come il suo percorso approssimativo è determinabile dai reperti di epoca romana rinvenuti lungo il suo svolgersi, a partire da Rivara per giungere fino a San Cassano, zona del cimitero di Rivarolo. Tale via sicuramente ebbe grande rilevanza in epoca medioevale avendo assunto il ruolo di percorso commerciale, teso verso oriente, ove transitavano quei manufatti di ferro. strumenti agricoli e armi tradizionalmente prodotti nel rivarese: al Forno di Rivara, ora Forno. Ivi nacque un"Universitas fabrorum" (a.1340), corporazione di fabbri, segno della diffusione e della forza economica che avevano assunto quegli antichi imprenditori. Essi, sapientemente sfruttando l'energia idraulica fornita dal torrente Viana applicata alla lavorazione del ferro, posero le basi medioevali dello sviluppo industriale
Chiaramente Favria, luogo di transito, ne trasse vantaggio, ma lo sviluppo maggiore lo ebbe più tardi, in seguito allo scavo della reggia e rosa (a. 1376). Infatti la disponibilità dell'acqua in qualsiasi periodo dell'anno rinvigorì le già fertili campagne, nacquero mulini, piste per canapa ed in seguito segherie, manifatture e officine. I nuovi commerci valorizzarono alcune delle antiche strade (la via Ripporoli) altre persero di importanza e divennero campestri (es. la via Schene, Strelle etc.) ma continuarono ad essere traccia della plurimillenaria centuriazione, che speriamo sopravviva alle miopi prepotenze dell'uomo moderno.
G. Berta (1995)