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Mario Bertotti

IL "REALE CASTELLO DI AGLIE"
VILLEGGIATURA PRINCIPESCA IN CANAVESE ALLA FINE DEL 1700

 

Il borgo di Aglič fu al centro di un vasto movimento, alla fine del 1700 quando nel castello venivano a "villeggiare" i membri della famiglia reale. Benché la costruzione fosse stata rifatta dai San Martino, il duca di Chiablese l'aveva ingrandita notevolmente nel 1767 su disegno del conte Birago di Borgaro e vi veniva a passare parecchi mesi ogni anno.

Oltre al numeroso personale di servizio, nel paese alloggiava in estate un distaccamento di truppa e ne aveva origine un viavai festoso di forestieri, venditori ambulanti e contadini dei dintorni, pieno di vita e di colore.

A quei tempi, a causa soprattutto delle difficoltą di comunicazione, la villeggiatura era intesa solo sotto forma agreste. Attorno a Torino erano sorte in gran numero delle ville-fattorie, anche su disegno di buoni architetti (come a San Maurizio e Chivasso), dove alla costruzione signorile erano annessi caseggiati rustici per le mucche ed i prodotti agricoli. Le famiglie benestanti vi venivano in estate od autunno a fare la cura della frutta fresca o del latte "appena munto".

Naturalmente in questo "piccolo mondo antico" i divertimenti erano pochi, come semplice e quieta vi era la vita.

Si facevano grandi passeggiate, si scambiavano visite con quelli delle ville vicine, con qualche raro trattenimento musicale o filodrammatico che poneva a contatto la gioventł delle famiglie amiche.

Non si puņ dire che vi fosse una frivolezza eccessiva, come appare dagli antichi carteggi, ma semplici divertimenti, senza preoccupazioni, che ora ci appaiono in singolare contrasto con la bufera che si andava addensando in Francia, preludio della Rivoluzione che avrebbe trasformato l'aspetto sociale e politico di tutta l'Europa pochi anni dopo.

Anche ad Aglič la famiglia ducale con i reali ospiti si divertiva allo stesso modo. Di particolare interesse sono le descrizioni che le antiche carte ci hanno conservato sulle puntate che venivano fatte nei paesi vicini, dagli "ospiti illustri", ricevuti in gran pompa dalle autoritą locali che da buoni "padri di famiglia" ci tenevano a fare bella figura: ne risultavano delle vere giornate di festa., alle quali prendeva parte in forma gioiosa tutta la popolazione.

Gią nel 1774 ad autunno a Castellamonte si prendevano disposizioni per festeggiare il sovrano Vittorio Arnedeo III che si trovava ad Aglič a "villeggiare". Venivano preparati il falņ, i mortaretti e le "fusete".

A Rivarolo invece nel 1788 vi fu una grande festa in onore dei duchi Maurizio e Marianna del Chiablese. Come appare da un ordinato comunale il duca con il suo seguito arrivņ in paese al 12 ottobre nel pomeriggio, accolto dal suono delle campane e fu ricevuto dal comandante del Savoia Cavalleria di stanza nel borgo, dalle autoritą civili e religiose e da grande folla. Presso il municipio in apposito teatrino, poté assistere ad una commedia musicale, data dai "dilettanti" locali, dal titolo "Li due castellani burlati". Alla recita segui un trattenimento danzante, che ebbe termine al tramonto, quando gli ospiti ripartirono per Aglič, passando per le vie del paese illuminate a giorno ("cosa insolita" notava il cronista) con grandi lanterne a "padelloni".

Questi "padefloni" erano allora in uso in tutto il Canavese, Erano grandi ciotole metalliche, che servivano soprattutto alla illuminazione "a festa" degli edifici pubblici. Un ordinato comunale di Castellamonte del 1777 ci indica che la fiamma vi era mantenuta accesa "con rasa, pece et altre cose" (cioč con sostanze resinose). A Cuorgnč erano collocati anche alla sommitą della Torre Quadra.

Sempre a Rivarolo al 25 ottobre dell'anno successivo vi fu altra visita dei duchi da Aglič con recita ed illuminazione pubblica.

A San Giorgio invece queste visite ducali furono pił frequenti, perché i locali dilettanti di filodrammatica organizzarono delle rappresentazioni in numero maggiore. Si svolgevano nel castello dei Biandrate sotto la direzione di Gian Domenico Boggio, scrittore e poeta locale. Come risulta da una sua lettera dell'8 sett. 1782 i duchi del Chiablese in tale anno erano gią venuti tre volte ad assistere alle recite. Frano state portate sulla scena due commedie: "Il Giocatore" e "Subordinazione militare" (forse scritto dallo stesso Boggio che vi aveva recitato pure dei versi in dialetto piemontese) e "Il bugiardo" di Goldoni.

Nel 1783 vi furono invece sette recite, alla presenza degli ospiti del castello di Aglič, sempre sotto la direzione del Boggio. Ne ho trovato solo il titolo senza il nome degli autori: "Il Conte Pioletto" (che fu portato due volte sulla scena), "La locandiera", "Il dottore", "Il servitore di due padroni", "Il bugiardo" e "Il barbiere di Siviglia". Altre recite ebbero luogo a san Giorgio negli anni successivi.

A titolo di curiositą si deve notare che fra i filodrammatici di San Giorgio, che recitavano davanti ai duchi del Chiablese e loro ospiti, vi era pure lo storico Carlo Botta che tanto doveva distinguersi qualche anno dopo nell'annessione del Piemonte alla Repubblica Francese. In una lettera medita ad un amico di Cuorgnč egli scriveva infatti al 3 ottobre 1790: "Se il duca del Chiablese non verrą a vedere la commedia, come č probabile martedģ venturo, un giorno di questa settimana senza dubbio mi porterņ costą a godere della tua compagnia, altrimenti vi anderņ subito finite le nostre rappresentazioni'.

La sistemazione del Castello di Aglič avvenne contemporaneamente a quella di parte del castello reale di Torino ed ebbe una grande influenza sulla regolarizzazione di alcune delle strade principali della zona. Per portare i marmi delle cave di Pont a Torino ed Aglič si procedette alla rettifica e costruzione di nuovi tratti su disegno dei "Direttori dei Reali Giardini Benard e misuratore Generale Boyne". L'attuale strada provinciale Cuorgnč-Valperga fu fatta nel 1768, prima era tortuosa e stretta e passava pił a nord-ovest contro la collina. Fu collaudata dal Benard e dal Boyne nel 1769, ma il ponte sul Gallenga fu ultimato solo nel 1771.

Anche la strada Cuorgnč-Salto-Pont fu iniziata nel 1768: passava ancora sul ponte vecchio, quanto mai instabile perché costruito in parte in legno ma permetteva di raggiungere Pont con carri e carrozze, mentre prima, dopo Sant'Anna di Campore, si doveva procedere su semplice mulattiera. Salto vi contribuģ con una cifra discreta, ottenuta vendendo parte del "chiapetto" (gią greto del fiume) presso il ponte sull'Orco. Cuorgnč per sistemare il passaggio delle strade verso Valperga e Salto dovette abbattere parte delle sue antiche "mura" di cinta e di difesa.

Al 27 agosto 1777 il "Misuratore di S. M. Boyne" richiedeva da Aglič al comune di Cuorgnč che il ponte sull'Orco venisse rinforzato nella parte in legname perché il "sig. duca del Chiablese colla r. famiglia vi doveva passare per andare al castello di Valperga".

Altri tratti di strada furono rifatti fra Cuorgnč e Castellampnte, fra Castellamonte ed Ozegna e verso Ivrea. Per lo stesso motivo fu tracciato l'attuale rettilineo fra Valperga e Busano, erroneamente attribuito all'epoca napoleonica.

La "villeggiatura" di Aglič ebbe pure una discreta importanza sulla vita religiosa della regione. La famiglia ducale e reale non pensava solo a divertirsi, ma, come tutti i buoni piemontesi del tempo passato, conosceva i propri doveri religiosi e ne dava il buon esempio. La parrocchiale di Aglič fu riedificata pure nel 1771 dal duca del Chiablese su disegno del conte Birago di Borgaro, e nei conti delle chiese e santuari vicini appare sovente la munificenza della famiglia.

A Belmonte, ad esempio, le spese per la solenne incoronazione del 1788 furono sostenute in gran parte dalla famiglia reale e dal duca del Chiablese, ed a testimoniare la pietą e lo spirito religioso della principessa di Piemonte restņ al santuario stesso un ricco paramentale di seta rossa, donato nel 1791, per grazia ricevuta.

Alla vergine di Belmonte fecero ricorso altri membri della stessa famiglia in questi anni ed in quelli successivi.

Il castello di Aglič non fu centro di divertimenti mondani, ma una delle sedi estive della corte di Torino, ove la vita si svolgeva quieta e semplice, a contatto con la popolazione, in un clima festoso di reciproca comprensione, anche se vincolato da un cerimoniale, austero solo in apparenza, in uso allora nel nostro stato piemontese.

 

 

Pubblicato sul Risveglio Popolare n 29 del 12 agosto 1971

Da DOCUMENTI DI STORIA CANAVESANA

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