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Levone, Rivara, Forno
Enrica Culasso Gastaldi
Levone
Il
nucleo più consistente delle epigrafi di Levone appare costituito dalla piccola
collezione raccolta da Don Leonardo
Berrino e ora conservata in un magazzino del comune. Si tratta di sei titoli funerari che
appaiono articolati secondo la consueta tipologia locale già riscontrata nella
documentazione di Valperga: il materiale è costituito da lastroni o massi in materiale
grezzo, approssimativamente sbozzato, le tecniche di scrittura e di suddivisione sillabica
appaiono incerte, la struttura onomastica, anche se talvolta con discreta latinizzazione
degli elementi nominali, conserva tuttavia una sequenza irregolare e disordinata. Non
dissimili da questi si presentano gli altri quattro titoli di Levone, recanti tutti
iscrizioni funerarie. Nell'atrio della canonica è murata la dedica sepolcrale di Secundinus
Sertor Quarti f(ilius), morto a novant'anni. Ricoperta d'intonaco e murata nella
parete esterna di una casa privata si conserva, oggi inagibile all'autopsia, il titolo di Prisca
Cornelia Exsorati f(ilia); grazie a un esemplare fotografico di proprietà della
Soprintendenza Archeologica è tuttora ricostruibile il testo nonostante i pessimi
caratteri paleografici e la scadente qualità del manufatto.
Sabinus Crattius
Nel giardino di Villa Lanzone è invece custodito un bel cippo a pilastrino, parzialmente rotto e corroso specie nella parte inferiore; vi è incisa la dedica di Sabinus Crattius L(uci) f(ilius), morto alla probabile età di quarant'anni. Il defunto presenta un'onomastica ben latinizzata seppure con gli elementi nominali ancora disposti in irregolare sequenza. Sotto il testo è tracciata con solco superficiale, la raffigurazione di due individui (uno di sesso maschile, uno di sesso femminile) che pone gravi problemi di identificazione col testo scritto.
Infine, nel giardino di casa Boschiasso, si trova reimpiegato nella recinzione di un'aiuola un cippetto a testa tonda recante la dedica funeraria di uno Stonicius C(ai) f(ilius) Statius, che non si distacca, nonostante una buona successione degli elementi nominali, dai restanti esempi del territorio per fattura e rozzezza d'incisione.
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Tra gli esemplari della raccolta Berrino vanno ricordate infine due iscrizioni relative alla sepoltura di un Celer Cornelius Sex(ti) f(ilius), morto all'età di 65 anni, e di una Cornelia C(ai) l(iberta) Sabina, di 45 anni. Questi individui, insieme alla Prisca Cornelia sopra menzionata, appartennero probabilmente alla medesima famiglia Cornelia, frequentemente attestata nel Basso Canavese, come a San Ponso, a Valperga, a Forno Canavese, a Ciriè.
Rivara
Sei sono le epigrafi venute alla luce nel comune di Rivara, di cui attualmente due sono disperse, una è conservata presso il Museo Archeologico di Torino, tre permangono ancora in sito. Il titolo conservato a Torino costituisce un documento insolito rispetto alla tipologia comune nel territorio: è infatti costituito da un frammento di sarcofago (elemento funerario altrove mai riscontrato) in pietra locale e l'iscrizione appare racchiusa all'interno di una tabula ansata dal doppio profilo. La defunta, Maria Paulina, associa nella dedica altri personaggi che non si lasciano determinare a causa della lacuna nel testo.
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Molto suggestiva, anche se povera e rozza nell'esecuzione, è la stele di Cassia Q(uinti) f(ilia) Posila, morta all'età di sessantacinque anni. Il documento è conservato presso il lato sinistro della chiesa parrocchiale di Camagna e presenta, al di sopra del testo scritto, un'approssimativa raffigurazione di protome umana. Su un grande masso in pietra locale utilizzato in tempi recenti come sostegno per il palo di una vigna in borgata Crosaroglio è iscritto il titolo di Q(uintus) Orbicius Velageni f(filius). Il carattere di parziale regolarità riscontrabile nell'onomastica del defunto contrasta con l'idionimo paterno Velagenus, sensibilmente legato ancora a tradizioni locali e periferiche.
Mocetius Pontius
Evidenti tracce di arretratezza culturale permangono anche nell'onomastica di Mocetius Pontius Ivantugeni f(ilius), la cui dedica sepolcrale è incisa su una stele in pietra locale murata nel muro di cinta della casa comunale di Camagna.
Forno Canavese
Delle due epigrafi venute alla luce a Forno Canavese, una fu murata all'inizio di questo secolo in un portale della frazione Cimapiasole e appare oggi inagibile all'autopsia, l'altra fu trasportata già nel XIX secolo a Torino ove è tuttora conservata presso il Museo Archeologico. Si tratta dell'iscrizione di Cornelia Celeris f(ilia) Tertulla, morta all'età di quarant'anni. La stele è in pietra locale ma suggerisce, per levigatezza del supporto e per la discreta fattura dei caratteri paleografici, una possibile lavorazione officinale.
Per concludere si vorrebbe offrire qualche indicazione orientativa sulla cronologia del titoli descritti. Si è osservato come la documentazione di San Ponso si differenzi nettamente da quella del territorio circostante per qualità del supporto scrittorio, per tecnica di scrittura e paleografica in generale, per qualità e struttura onomastica, per presenza di dediche plurime e di ramificazioni familiari, per dichiarazioni di magistrature o ruoli pubblici ricoperti dai defunti, per ricchezza della decorazione iconografica. Se a livello indicativo è generalmente valido il termine post quem della piena età augustea, momento che vide probabilmente la fondazione di Augusta Taurinorum e un più capillare e intenso avvio alla romanizzazione anche nell'agro settentrionale, potremmo datare ai primi due secoli dell'impero la migliore documentazione di San Ponso, con un probabile abbassamento al III secolo del titolo relativo al curator reipublicae. Non si possono invece esprimere con certezza degli orientamenti cronologici per la documentazione più povera, che appare, come si è visto, quella più comunemente attestata. Infatti molti indizi, che non abbiamo mancato di sottolineare, potrebbero far pensare seriamente a una fase di romanizzazione appena avviata e fortemente permeata ancora da elementi preromani; tuttavia i medesimi aspetti di arcaicità potrebbero agevolmente spiegarsi anche all'interno di un momento cronologico già legato alla piena romanizzazione ma ancora tenacemente dipendente da modelli culturali indigeni. Dovremmo evidenziare in questo caso la persistenza di tradizioni periferiche che sopravvivono in una facies culturale già romana.