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FELETTO TERRA DI
FRUTTUARIA
Rapporti tra la comunità di Feletto e l’Abbazia di Fruttuaria tra la fine
del XIV e l’inizio del XVI secolo
PREFAZIONE
Proff.
Patrizia
Cancian
Università di Torino
Poteri a scala, poteri a mosaico
fra medioevo ed età moderna
nella
documentazione di Feletto.
Il
medioevo che di solito si evoca è quello del Trecento e del Quattrocento: il
papa è davvero il vertice gerarchico della società cristiana (fino al secolo
XI non lo era, mentre vescovi e metropoliti erano autonomi); i signori locali
sono davvero per lo più “feudatari” il cui potere discende da entità
superiori (fino al secolo XIII non lo erano, avevano di solito costruito
spontaneamente e dal basso i loro poteri).
Il medioevo si raffigura tutto (mille anni) come i suoi due secoli finali
perché è naturale, per la nostra cultura, usare le convenzioni periodizzanti e
poi immaginare -
come se ci facessimo ingannare da una prospettiva della memoria e del
tempo simile a quella visiva -
i tanti secoli precedenti come fossero simili a quelli finali che
conosciamo meglio.
Si
direbbe, dunque, che un volume che contiene documenti distribuiti fra il 1324 e
il 1566 non possa apportare grandi novità alle nostre conoscenze. Al massimo
dovrebbe servire a convincerci su quanto siano simili il medioevo che finisce e
l’evo moderno che comincia, ben inquadrabili entrambi in quella definizione di
“antico regime” che gli storici hanno scelto per indicare istituzioni,
società ed economia precedenti il secolo XVIII, la rivoluzione industriale e la
rivoluzione francese. E’ su quella somiglianza e su quella continuità di
fondo che fa leva Jacques Le Goff nella sua definizione di “medioevo lungo”.
Eppure
da questi testi si apprendono molti funzionamenti e molti particolari,
soprattutto perché il commento dell’Autrice colloca i documenti nel grande
dibattito storiografico, con aggiornamenti e prospettive d’uso che
- senza pretese di esaustività - non si limitano a soddisfare le curiosità locali del
lettore, ma lo mettono anche in
rapporto con aspetti non scontati di una società complessa e tutt’altro che
statica.
Intanto
la capacità di tener conto della situazione precedente al secolo XIV aiuta a
capire: come se osservare la situazione come esito ‘in divenire’ di processi
di lunga durata agevolasse la comprensione di meccanismi e di rapporti tra
forze, di protagonisti e di dinamiche sociali.
Inoltre introdurre nell’analisi quesiti professionali consente di
vedere il ‘non scontato’, ad esempio quando una lite non è solo uno scontro
contingente ma un momento di ridefinizione di equilibri e di regole.
I
poteri locali sono ancora a mosaico, secondo una pratica concreta che era stata
ereditata dai secoli precedenti; ma sono collocati entro una scala di poteri
maggiori che è invece esito di nuove e più recenti gerarchie. Ecco, la
convivenza dello schema a mosaico e di quello a scala è la caratteristica della
zona e del periodo qui in esame.
Il
principato sabaudo è ormai ampio e dotato di una legittimità che non si può
più mettere in discussione: i suoi rappresentanti, castellani e luogotenenti,
agiscono per delega - con orientamenti da stato moderno - ma si calano nella realtà locale conoscendola bene, con
compiti non solo di controllo ma anche di mediazione, interpretando appieno gli
schemi di governo che la fase storica richiede.
La
signoria locale del monastero di Fruttuaria agisce grazie alla sopravvivenza di
un istituto altomedievale, l’immunità, con una variazione importante: la
nuova fisionomia del potere del papa, che non è più soltanto il vescovo di
Roma. Quando Guglielmo da Volpiano aveva fondato Fruttuaria, il raccordo diretto
con il papa serviva essenzialmente perché i monaci potessero essere sottratti
alla giurisdizione ecclesiastica del vescovo di Ivrea, secondo uno schema
europeo mutuato dalla grande abbazia di Cluny. Dopo tre o quattro secoli,
l’esenzione dal controllo vescovile e l’immunità dal potere civile si
intrecciano, ma non generano soltanto confusione. Il risultato concreto è che
l’immunità è ancora rivendicata, anche se il monastero non pensa di poter
contestare il quadro entro cui agisce, cioè la dominazione sabauda che è ormai
uno stato regionale; e che il lontano potere pontificio si interessa anche alla
sfera temporale (come non avrebbe
fatto nel secolo XI), considerando quei monaci fedeli come rappresentanti degli
interessi complessivi della chiesa.
La
comunità di Feletto, prodotto delle coesioni rurali che solo il tardo medioevo
aveva generate, di fronte a poteri superiori tanto ambiziosi non rinuncia alla
propria consuetudinaria identità istituzionale: si accontenta di amministrare
la quotidianità della convivenza ma non delega tutto ai rappresentanti dei
poteri maggiori. E’ camera di compensazione in due sensi: contiene e regola
sia i rapporti tra le famiglie del territorio, sia le relazioni con gli
ufficiali delegati dall’alto.
Studi
futuri potranno non limitarsi ai suggerimenti, pur accurati, qui contenuti. Ma
non potranno prescindere dalla parte più rilevante del volume, cioè dai
documenti finalmente disponibili non solo per chi abbia dimestichezza con gli
archivi. L’edizione
critica delle pergamene è stata condotta secondo le regole internazionali. I
paleografi sanno bene che i documenti del Quattrocento presentano difficoltà
particolari, perché sono molto lunghi e costruiti come fossero scatole cinesi:
infatti, in particolare quelli qui editi, riguardano
liti per i confini o per l'uso di terre, quindi nella sentenza o nell'accordo
sono inseriti, come pezze d’appoggio, i documenti antecedenti che,
essendo ora pubblici ora privati richiedono modi diversi di edizione. Ma
questi sono aspetti che possono essere colti solo dagli specialisti, e
l’Autrice ha avuto il merito di tener conto di un’esigenza primaria: rendere
la lettura possibile, attraverso punteggiatura razionale, scioglimento delle
abbreviazioni e trascrizione chiara, anche a chi specialista non è.
Questo
criterio - definiamolo “parzialmente divulgativo” - è stato
seguito anche nell'introduzione paleografica, dove si sono analizzati brevemente
caratteri estrinseci e intrinseci dei documenti senza far ricorso a
una terminologia eccessivamente tecnica, dando spazio a definizioni note:
ad esempio si parla qui di scrittura gotica o di stile gotico, anche se i
paleografi preferiscono togliere questo aggettivo. Ma anche più in generale
l’Autrice ha preferito fare scelte che si richiamassero almeno a ciò che è
familiare al mondo degli appassionati e degli eruditi, senza seguire le
direzioni più impervie - che avrebbero
richiesto un eccesso di spiegazioni -
dell’attuale scienza paleografica.
Con le pagine di prima rielaborazione il lettore entra in contatto anche con suggerimenti di consultazione di varie opere, utili per chiunque voglia fare microstoria senza limitarsi a una storia locale un po’ miope; con i documenti editi il lettore impara che a Feletto, fra i secoli XIV e XVI, la quotidianità è comunitaria, l’alta politica è sabauda, il potere signorile intermedio è fruttuariense, gli interessi papali si inseriscono a fianco della catena istituzionale. Le tessere non sono più tutte in piano, si sono disposte secondo una scala, ma conservano traccia del mosaico complesso per cui si erano formate.
Patrizia
Cancian