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Manuela Muzzolini

FELETTO TERRA DI FRUTTUARIA 
Rapporti tra la comunità di Feletto e l’Abbazia di Fruttuaria tra la fine del XIV e l’inizio del XVI secolo


PREFAZIONE

Proff.
Patrizia Cancian  e  Giuseppe Sergi
Università di Torino

Poteri a scala, poteri a mosaico
 fra medioevo ed età moderna
 
nella documentazione di Feletto.

 Il medioevo che di solito si evoca è quello del Trecento e del Quattrocento: il papa è davvero il vertice gerarchico della società cristiana (fino al secolo XI non lo era, mentre vescovi e metropoliti erano autonomi); i signori locali sono davvero per lo più “feudatari” il cui potere discende da entità superiori (fino al secolo XIII non lo erano, avevano di solito costruito spontaneamente e dal basso i loro poteri).  Il medioevo si raffigura tutto (mille anni) come i suoi due secoli finali perché è naturale, per la nostra cultura, usare le convenzioni periodizzanti e poi immaginare  -  come se ci facessimo ingannare da una prospettiva della memoria e del tempo simile a quella visiva  -  i tanti secoli precedenti come fossero simili a quelli finali che conosciamo meglio.

Si direbbe, dunque, che un volume che contiene documenti distribuiti fra il 1324 e il 1566 non possa apportare grandi novità alle nostre conoscenze. Al massimo dovrebbe servire a convincerci su quanto siano simili il medioevo che finisce e l’evo moderno che comincia, ben inquadrabili entrambi in quella definizione di “antico regime” che gli storici hanno scelto per indicare istituzioni, società ed economia precedenti il secolo XVIII, la rivoluzione industriale e la rivoluzione francese. E’ su quella somiglianza e su quella continuità di fondo che fa leva Jacques Le Goff nella sua definizione di “medioevo lungo”.

Eppure da questi testi si apprendono molti funzionamenti e molti particolari, soprattutto perché il commento dell’Autrice colloca i documenti nel grande dibattito storiografico, con aggiornamenti e prospettive d’uso che   - senza pretese di esaustività  -  non si limitano a soddisfare le curiosità locali del lettore, ma lo mettono anche  in rapporto con aspetti non scontati di una società complessa e tutt’altro che statica.

Intanto la capacità di tener conto della situazione precedente al secolo XIV aiuta a capire: come se osservare la situazione come esito ‘in divenire’ di processi di lunga durata agevolasse la comprensione di meccanismi e di rapporti tra forze, di protagonisti e di dinamiche sociali.  Inoltre introdurre nell’analisi quesiti professionali consente di vedere il ‘non scontato’, ad esempio quando una lite non è solo uno scontro contingente ma un momento di ridefinizione di equilibri e di regole.

I poteri locali sono ancora a mosaico, secondo una pratica concreta che era stata ereditata dai secoli precedenti; ma sono collocati entro una scala di poteri maggiori che è invece esito di nuove e più recenti gerarchie. Ecco, la convivenza dello schema a mosaico e di quello a scala è la caratteristica della zona e del periodo qui in esame.

Il principato sabaudo è ormai ampio e dotato di una legittimità che non si può più mettere in discussione: i suoi rappresentanti, castellani e luogotenenti, agiscono per delega -  con orientamenti da stato moderno -  ma si calano nella realtà locale conoscendola bene, con compiti non solo di controllo ma anche di mediazione, interpretando appieno gli schemi di governo che la fase storica richiede.

La signoria locale del monastero di Fruttuaria agisce grazie alla sopravvivenza di un istituto altomedievale, l’immunità, con una variazione importante: la nuova fisionomia del potere del papa, che non è più soltanto il vescovo di Roma. Quando Guglielmo da Volpiano aveva fondato Fruttuaria, il raccordo diretto con il papa serviva essenzialmente perché i monaci potessero essere sottratti alla giurisdizione ecclesiastica del vescovo di Ivrea, secondo uno schema europeo mutuato dalla grande abbazia di Cluny. Dopo tre o quattro secoli, l’esenzione dal controllo vescovile e l’immunità dal potere civile si intrecciano, ma non generano soltanto confusione. Il risultato concreto è che l’immunità è ancora rivendicata, anche se il monastero non pensa di poter contestare il quadro entro cui agisce, cioè la dominazione sabauda che è ormai uno stato regionale; e che il lontano potere pontificio si interessa anche alla sfera temporale  (come non avrebbe fatto nel secolo XI), considerando quei monaci fedeli come rappresentanti degli interessi complessivi della chiesa.

La comunità di Feletto, prodotto delle coesioni rurali che solo il tardo medioevo aveva generate, di fronte a poteri superiori tanto ambiziosi non rinuncia alla propria consuetudinaria identità istituzionale: si accontenta di amministrare la quotidianità della convivenza ma non delega tutto ai rappresentanti dei poteri maggiori. E’ camera di compensazione in due sensi: contiene e regola sia i rapporti tra le famiglie del territorio, sia le relazioni con gli ufficiali delegati dall’alto.

Studi futuri potranno non limitarsi ai suggerimenti, pur accurati, qui contenuti. Ma non potranno prescindere dalla parte più rilevante del volume, cioè dai documenti finalmente disponibili non solo per chi abbia dimestichezza con gli archivi. L’edizione critica delle pergamene è stata condotta secondo le regole internazionali. I paleografi sanno bene che i documenti del Quattrocento presentano difficoltà particolari, perché sono molto lunghi e costruiti come fossero scatole cinesi: infatti, in particolare quelli qui editi,  riguardano liti per i confini o per l'uso di terre, quindi nella sentenza o nell'accordo sono inseriti, come pezze d’appoggio, i documenti antecedenti che,  essendo ora pubblici ora privati richiedono modi diversi di edizione. Ma questi sono aspetti che possono essere colti solo dagli specialisti, e l’Autrice ha avuto il merito di tener conto di un’esigenza primaria: rendere la lettura possibile, attraverso punteggiatura razionale, scioglimento delle abbreviazioni e trascrizione chiara, anche a chi specialista non è.

Questo criterio  -  definiamolo “parzialmente divulgativo”  -  è stato seguito anche nell'introduzione paleografica, dove si sono analizzati brevemente caratteri estrinseci e intrinseci dei documenti senza far ricorso a  una terminologia eccessivamente tecnica, dando spazio a definizioni note: ad esempio si parla qui di scrittura gotica o di stile gotico, anche se i paleografi preferiscono togliere questo aggettivo. Ma anche più in generale l’Autrice ha preferito fare scelte che si richiamassero almeno a ciò che è familiare al mondo degli appassionati e degli eruditi, senza seguire le direzioni più impervie  -  che avrebbero richiesto un eccesso di spiegazioni  -  dell’attuale scienza paleografica.

Con le pagine di prima rielaborazione il lettore entra in contatto anche con suggerimenti di consultazione di varie opere, utili per chiunque voglia fare microstoria senza limitarsi a una storia locale un po’ miope; con i documenti editi  il lettore impara che a Feletto, fra i secoli XIV e XVI,  la quotidianità è comunitaria, l’alta politica è sabauda, il potere signorile intermedio è fruttuariense, gli interessi papali si inseriscono a fianco della catena istituzionale. Le tessere non sono più tutte in piano, si sono disposte secondo una scala, ma conservano traccia del mosaico complesso per cui si erano formate.

Patrizia Cancian                                                                                    Giuseppe Sergi

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